Osservando, oggi, l’Ucraina dall’alto, da immagini satellitari, il paesaggio che si staglia davanti ai nostri occhi è quanto di più desolante è possibile immaginare, interi quartieri spazzati via, rasi al suolo, palazzi ridotti a un briciolo di macerie, ferrovie, strade, ponti impercorribili, fosse comuni, un unicuum grigio nel quale è difficile distinguere dove ancora c’è vita e dove ormai non è rimasto, tra le ceneri, nient’altro che il ricordo di ciò che è stato. Di sera, invece, saremmo sconvolti dal buio quasi totale, dalle tenebre che avvolgono le notti delle città ucraine.

Immaginiamo, adesso, di non osservare questo mondo dall’esterno, da lontano, ma di farne parte, di essere nel nostro appartamento in uno di quei palazzi rimasti ancora in piedi o, nella peggiore delle ipotesi, in una struttura destinata all’accoglienza, in un bunker o nei tunnel della metropolitana. Faremmo tutti a fatica a comprendere cosa possa significare vivere senza acqua, senza corrente elettrica, al freddo, privi dei beni di prima necessità, senza adeguati viveri, con il frastuono delle bombe che squarciano il silenzio, in uno stato perenne di paura, per giorni, settimane, mesi, per un anno.

Da un anno il coraggioso popolo ucraino vive così, la precarietà, l’incertezza, la paura dei primi giorni, oggi scava ferite invisibili ma ben profonde in ciascuno di coloro i quali si trovano a vivere in questa situazione, e in particolare tra gli anziani stremati, tra chi ha perso familiari e amici e i bambini terrorizzati. La guerra rende tutti vulnerabili, la speranza diventa ogni giorno sempre più labile e i danni psicologici sono incalcolabili, alcuni irrimediabili. Le torture, le violenze e la distruzione subite gettano le persone in drammatiche condizioni psicologiche e sfociano in disturbi post-traumatici da stress. E, in questa situazione, come non pensare ai bambini, per loro il silenzio e il frastuono terrificante delle bombe, delle sirene, dei carri armati ha sostituito quello delle grida spensierate giocando nel cortile che contraddistingueva le loro giornate.

Il mio pensiero va anche a tutte quelle persone, militari, medici, insegnanti, avvocati, musicisti, atleti, che sono stati costretti a prendere in mano le armi a causa dell’invasione russa, lasciato la famiglia senza sapere se l’avrebbero mai più rivista, per difendere il proprio Paese e tornare a una vita normale. Persone come noi, che oggi si ritrovano a essere soldati, cosa che un anno fa non avrebbero immaginato, e che cercano di proteggere la loro casa, la loro identità, la loro dignità, la loro libertà!

Come Direttrice del MOAS, posso affermare di essere molto orgogliosa di tutto quello che la nostra missione sta facendo in aiuto al popolo ucraino. In un anno abbiamo curato più di 10.000 pazienti sul fronte e più di 20.000 famiglie e anziani nelle comunità tagliate fuori dai combattimenti attraverso servizi di assistenza e UMM (Unità Medica Mobile). Più di 10.000 operatori sanitari locali sono stati formati con tecniche e tecnologie mediche di ultima generazione al fine di migliorare la salute generale e il benessere della popolazione. Grazie ai nostri dottori, agli infermieri e a tutto lo staff abbiamo fornito assistenza medica e supporto nelle regioni più colpite quali gli Oblast di Kharkiv, Donetsk, Mykolaiv, Chernihiv, Sumy, Vinnytsia and Kyiv a chi ne aveva bisogno non soltanto curando le ferite e le malattie ma dando speranza e umanità a una popolazione che è stata profondamente scossa dal conflitto in corso.

In questi mesi, non sono state soltanto le loro strette di mano, i loro abbracci e i loro occhi riconoscenti che ci hanno dato la forza di andare avanti ma anche la provvidenza che si è presentata attraverso i nostri donatori, che con grande sensibilità, generosità ed empatia, hanno fatto e fanno sì che tutto questo continui.

Oggi, a un anno dall’inizio del tragico conflitto in Ucraina, soltanto una può essere la parola più adeguata da pronunciare: PACE! Non possiamo più aspettare, non possiamo più rimandare, è arrivata l’ora di lavorare senza sosta affinché si possa mettere fine all’invasione dell’Ucraina e tornare a vivere. Slava Ukraini!