«La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace».
Le parole pronunciate da Kofi Annan nel 1993 in occasione dell’adozione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione sulla eliminazione della violenza contro le donne sono, a distanza di poco meno di 30 anni, drammaticamente attuali mentre il mondo attorno a noi è completamente cambiato con l’avvento della rivoluzione tecnologica.
Nonostante gli importanti passi in avanti fatti nell’emancipazione femminile e l’acquisizione di diritti civili, sociali e politici che fino a pochi decenni fa erano negati, siamo ancora ben lontani dal raggiungimento dell’eliminazione delle differenze di genere.
In qualsiasi angolo del mondo, ancora oggi, troppe donne sono costrette a fare i conti non soltanto con una società che, per molteplici aspetti, non garantisce una vera parità tra donna e uomo, ma anche a subire diverse forme di violenza da parte degli uomini. Secondo i dati dell’UNIFEM una donna su tre ha subito o subisce una violenza di genere.
Dalla violenza psicologica alla vessazione economica, dall’aggressione fisica a quella sessuale, fino a giungere al femminicidio, gli uomini continuano a prevaricare e a discriminare le donne che sono costrette a subire dolorose ferite o, nella peggiore delle ipotesi, a perdere la vita.
Come non parlare delle violenze di matrice culturale e religiosa insite nell’impossibilità o nelle difficoltà di esercitare il diritto all’aborto, o l’obbligo di sottoporsi a pratiche come l’infibulazione? O delle mortificazioni derivanti dai ricatti sessuali per la propria carriera lavorativa, degli schiaffi e delle minacce che una donna troppo spesso riceve dal proprio compagno o dall’ex?
Una manipolazione che non conosce fine neppure quando la donna trova il coraggio di non continuare a subire e di denunciare. La colpevolizzazione della donna, inversamente correlata alle molteplici giustificazioni per l’uomo che commette violenza, è essa stessa una seconda violenza. Così come la violenza verbale che testimonia l’odio e la misoginia che attraversa i social network e le piattaforme online.
I dati, che nel corso degli anni continuano a mostrare un costante aumento, e che hanno raggiunto il picco durante il periodo del lockdown dovuto alla pandemia del Covid19, hanno spinto le Nazioni Unite a definire la violenza sulle donne “un flagello mondiale” che colpisce all’interno delle case e nei posti di lavoro dei Paesi più ricchi del mondo tanto quanto nelle periferie delle aree di guerra, tra i campi profughi e gli sfollati, che nelle rotte internazionali della tratta della prostituzione.
Secondo uno studio del 2018, Gender related killing of women and girls, ogni anno nel mondo vengono uccise 87.000 donne per motivi di genere. Il 58 per cento degli omicidi di donne riportati è stato commesso dal partner, da un ex partner o da un familiare. E anche in Italia assistiamo quasi quotidianamente a episodi di violenza nei confronti delle donne che sfociano con la morte, nel 2019 circa una donna ogni 3 giorni. E nel mondo a perdere la vita per violenze di genere sono circa 137 donne al giorno.
E, per coloro le quali sopravvivono, l’impatto sulla salute fisica e mentale è così serio da essere definito, secondo il rapporto dell’OMS Global and regional estimates of violence against women, “un problema di salute di proporzioni globali enormi”.
I movimenti femminili che nel corso di questi anni si sono organizzati per far sentire la propria voce, l’adozione in alcune legislazioni nazionali di reati specifici e di pene più severe e l’introduzione del tema nel dibattito internazionale hanno costituito un passaggio fondamentale per scongiurare il perpetrarsi del fenomeno ma è ancora troppo poco. Che oggi si debba continuare a parlare di parità tra donna e uomo e di pari opportunità sul piano economico, lavorativo e sociale è uno dei più grandi fallimenti del nostro tempo.
Non è possibile disconoscere l’importanza del coinvolgimento degli uomini in questa importante battaglia e non si può trascurare la necessità di creare un modello educativo rivolto ai bambini e ai giovani ragazzi che, scardinando gli stereotipi di genere, possa prevenire le violenze e contribuire allo sviluppo di una società egualitaria.
La Giornata Internazionale delle Donne diventa oggi un’occasione per esprimere la mia gratitudine a tutti coloro che ogni giorno lottano per un mondo libero dalla violenza di genere e a chi, con azioni attive sul campo, contribuisce al cambiamento.