Articolo 2, Il Trattato di Lisbona

L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.

Il Trattato di Lisbona è stato firmato dai capi di stato e di governo di 27 Paesi Membri dell’UE nel 2007 ed è entrato in vigore dopo la ratifica 2 anni dopo.

L’obiettivo principale era dare maggior coerenza e uniformità al fine di armonizzare l’intero sistema europeo.

Il termine solidarietà è stato usato in vari contesti e con diversi significati.

Tuttavia, implica sia il diritto che il dovere di condividere vantaggi e svantaggi, pro e contro fra tutti i Paesi Membri europei.

Mira a superare le frontiere nazionali – siano esse economiche, culturali, geografiche o emotive- per ottenere una più profonda coesione.

All’epoca l’Europa aveva affrontato due conflitti mondiali ed era un accumulo di macerie. Mentre i fantasmi del conflitto continuavano ad essere presenti, l’Europa era impegnata a risollevarsi dalle ceneri e i politici europei ritennero fondamentale porre solide fondamenta per il futuro sulla base di valori e principi condivisi.

Fra questi la solidarietà era fondamentale.

Nel 1950 Schuman, nella sua celebre Dichiarazione, affermava “L’Europa non verrà fatta da un giorno all’altro o secondo un unico piano. Verrà costruita attraverso risultati concreti che creino innanzitutto una solidarietà de facto”.

Schuman era ben consapevole che il processo di costruzione dell’Unione Europea sarebbe stato lungo e complicato e doveva iniziare necessariamente a livello economico: gli Stati Membri europei si impegnavano per la ripresa delle economie post-belliche. Ma ben presto sono stati coinvolti nuovi settori.

L’Unione europea è stata creata per salvaguardare una pace duratura e i diritti umani. Dopo aver vissuto gli orrori dell’Olocausto, valori quali uguaglianza, unità, libertà e coesione hanno guidato i Padri Fondatori.

Ma cosa resta di quelle nobili aspirazioni e della sete di giustizia sociale?

Cosa resta del nostro sogno di pace duratura dentro e fuori l’Europa?

Uno sbiadito ricordo dei nostri nobili valori.

L’ambizioso sogno europeo è diventato un semplice retaggio del passato.

I flussi migratori hanno peggiorato il quadro generale.

Migranti e rifugiati hanno messo a rischio la stabilità europea, già indebolita da recessione e rallentamento economico.

Dopo aver vissuto la parte migliore del sogno europeo e della sua libertà, i giovani hanno finito per diventare le principali vittime della recessione economica e hanno così sviluppato una distanza emotiva dal progetto europeo.

Il risultato è davanti i nostri occhi.

I Paesi Membri serrano i propri confini in risposta ai flussi migratori.

Rifugiati e migranti sono diventati vittime di violenza e odio razziale.

Inoltre, vengono spesso trattati da criminali e segregati in aree isolate con scarso accesso ai servizi di base.

L’Europa non è mai stata così frammentata e rischia di crollare sotto il peso delle attuali sfide poste dai flussi migratori. Nel frattempo, la solidarietà verso i rifugiati è divenuta una sorta di crimine.

Solo recuperando i suoi principi e valori fondanti l’Europa può sopravvivere.

Solo guardando alle nostre radici ed aspirazioni condivise possiamo superare divisioni ed egoismi nazionali.

Solo concentrandoci sulle persone invece che sulle statistiche o i numeri possiamo costruire una nuova UE e instaurare una pace duratura fra i popoli, garantendo dignità, equità e giustizia per chiunque viva sul suo territorio a prescindere dal paese di origine.

Purtroppo, nemmeno l’ultimo meeting informale tenutosi a Tallinn fra i Ministri degli Interni dei 28 Paesi Membri ha prodotto effettivi positivi per rilanciare la solidarietà europea.

Come dichiarato l’anno scorso dal Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, i confini nazionali sono “la peggiore invenzione della storia”, e questo vale sia per i confini fisici che emotivi.

Regina Catrambone

Co-fondatrice e Direttrice MOAS

 

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