Col nuovo anno, l’emergenza medica in Bangladesh sembra sempre più critica a causa dell’epidemia di malattie contagiose che si diffondono a una velocità allarmante a causa di vari fattori fra cui le condizioni igieniche estremamente precarie nei campi profughi, negli accampamenti improvvisati e nelle comunità locali. Stando agli ultimi dati dell’OMS, la situazione è tragica e si mira a dare assistenza sanitaria a 1.2 milioni di persone, mentre attualmente oltre 868mila Rohingya vivono in Bangladesh. Fra questi ci sono anche 688mila persone arrivate dallo scorso agosto. Le campagne di vaccinazione restano una priorità fondamentale e con MOAS siamo felici di partecipare ad alcuni programmi di vaccinazione sotto la guida del Ministero della Sanità bengalese. Un nuovo round è appena cominciato all’apertura delle scuole per vaccinare i bambini del luogo che vivono nelle comunità d’accoglienza vista la loro esposizione e propensione a contrarre malattie trasmissibili senza un’adeguata copertura medica. Le realtà locali sul campo concentrano tempo e risorse per supportare i Rohingya esausti dopo lunghi e pericolosi viaggi e le comunità locali, al fine di far fronte alle sfide senza precedenti in termini di nutrizione, salute e sicurezza alimentare. Sono in fase di miglioramento l’immunizzazione, le forniture mediche, la distribuzione di aiuti alimentari e non, la gestione della casistica medica e i sistemi di accertamento precoce.

Inoltre, dobbiamo considerare la situazione generale precedente l’epidemia: essendo stati per lungo tempo marginalizzati e discriminati nel paese da cui partono -il Myanmar- non hanno praticamente mai avuto adeguato accesso al sistema sanitario, senza contare che la povertà endemica ha ulteriormente ostacolato la possibilità dei Rohingya di acquistare medicinali e ricevere terapie. Altro motivo di preoccupazione è l’elevato tasso di malnutrizione: una ricerca fatta a ottobre/novembre 2017 ha messo in evidenza che una percentuale compresa tra 14,3% e 24,3% dei bambini fra 6 e 59 mesi soffriva di malnutrizione acuta globale (GAM). Altre malattie con elevata incidenza sono anemia, colera, difterite, diarrea che rappresentano anche i principali disturbi documentati fino ad oggi. I fattori scatenanti principali sembrano essere: alta morbilità, contaminazione idrica, scarso accesso a generi alimentari e acqua potabile, tutti ulteriormente aggravati dalle testimonianze di alcuni Rohingya che hanno spiegato come abbiano dovuto vendere “parte della propria razione per soddisfare altre esigenze fondamentali” fra cui le spese mediche. Come riportato dal report dell’ISCG del 14 gennaio, a 1.245.431 persone è stata fornita assistenza medica, ma in tantissimi ne hanno ancora urgente bisogno. Pertanto, tutte le realtà sul campo fanno del proprio meglio per aumentare presenza e tipologia di servizi offerti per rispondere a quante più esigenze possibile.

La scarsità di risorse idriche complica ancora di più la situazione di chi vive nei campi e negli insediamenti dove l’igiene è molto scarsa. Come sottolineato da un medico, all’inizio ci occupavamo di un gran numero di pazienti feriti prima o durante il viaggio, mentre adesso il tasso di malattie a vettore idrico e dovute al freddo è in aumento. È fondamentale che i team medici sul campo sia pronti a reagire velocemente davanti a situazioni e sfide imprevedibili, oltre a migliorare il coordinamento fra le diverse organizzazioni mediche. MOAS pertanto è grata allo staff in Bangladesh che lavora incessantemente per offrire ai nostri pazienti la migliore e più professionale assistenza.

Infine, la popolazione Rohingya a Cox’s Bazar è altamente vulnerabile dal momento che la fuga dal proprio paese a seguito delle crescenti violenze ha lasciato dei traumi profondi. Molte donne hanno anche vissuto episodi di violenza sessuale o stupro o hanno assistito all’uccisione dei propri familiari durante omicidi di massa.

Ho toccato con mano il fardello psicologico legalo alle migrazioni sia nel Mediterraneo/Egeo che in Bangladesh: alcune ferite sono coì profonde che nessuna terapia può garantire piena guarigione alle vittime, ma le medicine migliore -al di là dei farmaci e di controlli periodici- sono cura e amore.

Pertanto, sono felice ed orgogliosa di essere nuovamente in Bangladesh per dare supporto al nostro staff medico e ai nostri pazienti che sono sopravvissuti a viaggi terribili e meritano il miglio futuro possibile.