Lo scorso 6 marzo, per la prima volta in maniera ufficiale in Italia, è stata celebrata la Giornata dei Giusti dell’Umanità per “onorare gli uomini e le donne che hanno aiutato le vittime delle persecuzioni e difeso i diritti umani ovunque fossero calpestati”. Questa commemorazione nasce dal costante impegno di Gariwo a salvaguardare i Giusti dell’Umanità e rendere omaggio a chi ancora oggi si batte per difendere i più vulnerabili e gli indifesi. L’anno scorso ho avuto il privilegio di assistere agli eventi organizzati a Neve Shalom in occasione della Giornata Internazionale dei Giusti che in Israele ricorda tutti gli uomini e le donne che in ogni parte del mondo si impegnano quotidianamente per tutelare la dignità e i diritti degli esseri umani senza mai arrendersi alla brutalità e all’ingiustizia. Quel giorno mi è stata data l’opportunità di raccontare genesi e missione MOAS, ribadendo come tutto sia partito dall’esigenza della mia famiglia di reagire alle continue morti in mare e sottolineando il grande pericolo del nostro tempo: l’indifferenza.
Sono felice di constatare che l’impegno di Gariwo nel portare avanti la sua missione di far conoscere i Giusti del nostro tempo abbia ricevuto un riconoscimento ufficiale da parte del Parlamento Italiano. La mia speranza è che questo sia soltanto l’inizio di un percorso di dialogo, di solidarietà e di impegno volto a evitare sia l’indifferenza che la “cultura dell’odio” citata da Gabriele Nissim nel suo recente editoriale. Gabriele, infatti, mette in guardia contro il ritorno della cultura dell’odio che infanga tutto fino a criminalizzare qualunque gesto di umanità e solidarietà.
Eppure mi chiedo se davvero la cultura dell’odio sia tornata o non fosse mai veramente sparita dai nostri cuori. Mi chiedo se, avendo date per scontate le tante conquiste di civiltà conseguite nei secoli e in particolare dopo la Seconda Guerra Mondiale, non ci siamo semplicemente disinteressati a tutte le forme di odio che rimanevano latenti nelle nostre comunità. Mi chiedo se abbiamo veramente fatto tutto il possibile per evitare marginalizzazione, esclusione e razzismo che oggi dilagano ovunque, ma che probabilmente covano sempre dentro la nostra società.
Soprattutto mi chiedo cosa possiamo fare concretamente per costruire un mondo accogliente, per sentire la responsabilità personale e ineludibile che abbiamo nei confronti del mondo presente e futuro. Quello che ho constatato in quasi 4 anni di missioni MOAS è che tutti possiamo fare la differenza. Tutti possiamo dare l’esempio e promuovere buone pratiche da ripetere a vari livelli, come testimonia la nostra esperienza. MOAS è nata come ONG volta a mitigare la sofferenza dei migranti più vulnerabili al mondo. Abbiamo accolto le sfide che sono arrivate col tempo e ci siamo adattati alle mutate esigenze operative, ma lo abbiamo fatto seguendo sempre i nostri principi fondanti e con l’obiettivo di creare una società condivisa in cui nessuno rimanga escluso.
Auguro alla famiglia Gariwo, a cui mi legano una profonda stima ed amicizia, di continuare a coltivare il Giardino dei Giusti dei nostri tempi affinché i suoi frutti possano maturare al più presto per invertire le pericolose tendenze di razzismo, intolleranza e xenofobia cui assistiamo ogni giorno. Spero infatti che nessuno di noi si abitui mai al male, in qualsiasi forma esso si manifesti, e porgo i miei più sinceri auguri affinché l’evento dedicato ai Giusti dell’Accoglienza serva ad abbattere i confini geografici, emotivi e mentali che ci separano dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle in cerca di un futuro migliore.