Dopo l’inizio della missione MOAS 2017 ad inizio Aprile, sono nuovamente salita sulla Phoenix per partecipare alle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Questa volta a bordo con noi c’è un caro amico: Padre Regamy della diocesi di Colonia che, insieme all’intera comunità parrocchiale, da tempo sostiene le attività di MOAS. Il Duomo di Colonia ha infatti ospitato per mesi una barca di legno, simbolo della catastrofe umanitaria attualmente in corso nel Mediterraneo, per sensibilizzare sulle attività che MOAS svolge per salvare la vita di chi attraversa il nostro mare in condizioni terribili.

All’indomani dell’imbarco il 12 Aprile, abbiamo ricevuto una chiamata dal Centro Italiano di Coordinamento del Soccorso Marittimo di Roma (IMRCC) per dirigerci verso una imbarcazione in difficoltà.

Da quel momento tutto l’equipaggio a bordo si è mobilitato per pianificare le attività nei minimi dettagli e essere pronto non appena ci si fosse trovati in prossimità dell’imbarcazione da soccorrere. Tuttavia, non siamo riusciti a individuare nessun gommone e abbiamo atteso fino alla mattina del 14 per effettuare il primo soccorso.

Il gommone su cui erano ammassate 134 persone, incluse 10 donne di cui una al terzo mese di gravidanza, era in condizioni critiche e abbiamo dovuto agire nel più breve tempo possibile. La distribuzione dei giubbotti salvagente è avvenuta in una situazione di mare alquanto mosso, ma senza intoppi. Le persone tratte in salvo sono state poi trasferite sulla imbarcazione Fiorillo della Guardia Costiera Italiana, consentendoci di continuare a pattugliare l’area SAR.

Dopo i controlli di routine e la somministrazione delle cure mediche urgenti, l’atmosfera si rilassa, distribuiamo acqua, cibo e vestiti per chi ne avesse bisogno e trascorriamo del tempo in mezzo a loro per ascoltarne le storie.

© Darrin Zammit Lupi/MOAS

C’è un momento che rimane sempre impresso nella memoria a prescindere da quanti salvataggi si possano compiere. Un momento che mi sembra sempre un miracolo.

E’ il momento in cui aiutiamo a salire i migranti a bordo della Phoenix: in quel gesto di porgere la mano per offrire un appiglio risorge l’umanità intera. Appena posano il piede sulla Phoenix, sono finalmente al sicuro e rinascono ad una nuova vita.

Dopo il terribile viaggio fatto di abusi e violenze, queste persone per la prima volta hanno a che fare con qualcuno che vuole aiutarli in modo disinteressato e gratuito. Per la prima volta dopo molto tempo non sono in preda al terrore di essere uccisi o maltrattati, qualcuno si prende cura di loro, delle loro ferite e della loro salute. Finalmente gli vengono rivolte parole gentili e sono trattati da esseri umani e non da cose, oggetti di scambio o strumenti di ricatto.

L’atmosfera pasquale, col suo messaggio di rinascita e risurrezione, è una metafora perfetta della sensazione che provo quando li aiuto a salire a bordo della Phoenix: una nuova vita lontana dalla violenza e dalla morte.

Alla nostra quarta missione nel Mediterraneo Centrale e in un quadro generale che peggiora costantemente, vorremmo non dovere essere costretti a recuperare imbarcazioni sovraffollate e fatiscenti dalle acque del mare, ma non possiamo smettere di farlo.

Interrompere le attività di ricerca e soccorso in mare in questo momento vorrebbe dire condannare a morte sicura centinaia –se non migliaia- di fratelli e sorelle in fuga da guerre e persecuzioni, persone innocenti che cercano pace e sicurezza lontano dai propri paesi che gliele hanno negate. Soprattutto perché non esistono alternative sicure e legali dalla Libia. Proprio su questo punto stiamo lavorando in modo da aprire #CorridoiUmanitari che risparmierebbero questi viaggi della morte a gruppi di persone pre-scrutinate.

Significherebbe anche tradire il messaggio di rinascita e risurrezione che contiene la Pasqua che abbiamo trascorso proprio a bordo della Phoenix con la presenza di Padre Regamy con noi per ricordare il mistero della risurrezione dalla morte. E il ritorno alla Vita.