Sono trascorsi esattamente 10 anni dal naufragio di Lampedusa avvenuto il 3 ottobre del 2013 nel quale morirono 368 persone, spartiacque di un prima e un dopo dal quale non sarebbe stato più possibile tornare indietro. Sebbene ogni anno questa data venga commemorata attraverso l’istituzione della Giornata della Memoria e dell’Accoglienza ancora troppi bambini, donne e uomini continuano a perdere la vita nelle acque del Mediterraneo nel disperato tentativo di una vita migliore, in fuga da guerre, violenze, persecuzioni, violazioni dei diritti umani, povertà e danni causati da fenomeni meteorologici estremi. 

I primi nove mesi del 2023 sono stati drammatici per quanto riguarda i movimenti migratori nel Mediterraneo e la conta delle persone che hanno perso la vita in mare continua ad aumentare di giorno in giorno.

Nel frattempo, in Italia e in Europa, la politica ha ripreso a parlare di migrazioni, con la solita retorica dell’emergenza e dell’invasione, brancolando nel buio, tra una dimostrazione di forza da parte dell’uno o dell’altro Stato, trincerandosi dietro ai propri nazionalismi, senza giungere a soluzioni efficaci e condivise.

L’ultima, per quanto riguarda l’Italia, è quella proposta dal Decreto del 14 settembre, una garanzia finanziaria pari a circa 5000 euro che, se corrisposta dai richiedenti asilo provenienti da Paesi terzi “sicuri”, permetterebbe loro di evitare la detenzione in attesa dell’esame della domanda, per un periodo massimo di quattro settimane. Secondo il decreto l’importo, da versare “in un’unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa”, garantirebbe un alloggio, la somma occorrente per l’eventuale rimpatrio e i mezzi di sussistenza minimi necessari. Sorgono alcuni dubbi dalla lettura del decreto per i quali sarebbe utile avere una risposta. Quante saranno le persone migranti che potranno permettersi di corrispondere questa cifra dopo aver speso tutti i loro averi lungo le rotte migratorie? Che cosa accadrà se la procedura accelerata non si concluderà entro i 30 giorni previsti dalla legge 50/2023? Rischieranno comunque di finire in un CPR? Si pensa in questo modo di ridurre il sovraffollamento delle strutture? E non si rischiano di creare canali per richiedenti asilo di serie A e di serie B a seconda della disponibilità economica?

In questo confuso “mare magnum” l’Unione Europea resta congelata, bloccata dai “veti” contrapposti di Stati che non intendono gestire in maniera collaborativa la questione, mentre l’opinione pubblica diventa sempre più silenziosa e assuefatta. E si leva la voce del Pontefice che, in occasione della 109ª Giornata Mondiale Del Migrante e Del Rifugiato 2023 e del viaggio a Marsiglia, ricorda a tutti che “l’arrivo dei migranti non è un’invasione né un’emergenza” e che i flussi migratori sono una questione complessa che richiede l’impegno da parte dei singoli Paesi e di tutta la comunità internazionale. Papa Francesco ha invitato i Paesi del continente a collaborare per “assicurare, secondo le possibilità di ciascuno, un ampio numero di ingressi legali e regolari” perché “la soluzione non è respingere”. Ricordando gli orrori che avvengono nei lager libici, e più in generale durante il percorso migratorio, ha ribadito l’importanza di salvare i fratelli in mare e di non aver paura delle migrazioni.

Nelle parole del Papa si riflettono gli appelli che, insieme al MOAS, continuo a lanciare da anni, ovvero l’impellenza dell’istituzione di una missione di ricerca e salvataggio comunitaria e l’adozione di vie sicure e legali che possano permettere di accedere in maniera sicura e controllata in Europa.

Aggiungendo un importante principio di cui troppo spesso non parliamo: il diritto a non dover emigrare. “È necessario […] assicurare a tutti il diritto a non dover emigrare, ossia la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra. Si tratta di un diritto non ancora codificato, ma di fondamentale importanza, la cui garanzia è da comprendersi come corresponsabilità di tutti gli Stati nei confronti di un bene comune che va oltre i confini nazionali. Infatti, poiché le risorse mondiali non sono illimitate, lo sviluppo dei Paesi economicamente più poveri dipende dalla capacità di condivisione che si riesce a generare tra tutti i Paesi. Fino a quando questo diritto non sarà garantito saranno ancora in molti a dover partire per cercare una vita migliore”.

Una riflessione intensa di cui noi tutti, individui, Stati e Unione Europea, dobbiamo fare tesoro in questi anni in cui ci troviamo davanti “ad un bivio di civiltà” tra “la fraternità che feconda di bene la comunità umana” e “l’indifferenza, che insanguina il Mediterraneo”, come ha sottolineato Papa Francesco.

Dobbiamo mettere in pratica strumenti e procedure di Vie Sicure e Legali affinché le persone che sono costrette a fuggire possano arrivare in Europa senza rischiare la vita e fornire degli aiuti concreti per coloro i quali vogliono continuare a vivere nel proprio Paese, laddove è possibile. Di questo ne parlo nel libro “Raccogliere il mare con un cucchiaino” con postfazione di Sergio Nazzaro edito dalla casa editrice Città Nuova.