Data la posizione di prima linea che MOAS ha nell’attuale crisi umanitaria fornendo assistenza post-salvataggio, ho toccato con mano le orribili conseguenze dello stupro e della sua impunità sul corpo delle donne. Dopo il salvataggio, donne e ragazze molto giovani –spesso minorenni- scoprono di essere incinte e, nonostante il loro silenzio e negazione, non è difficile immaginare come sia successo.

In Libia le donne migranti e rifugiate diventano schiave sessuali per le milizie armate o sono costantemente stuprate durante la permanenza nelle cosiddette “connecting houses” prima di salire su imbarcazioni malsicure per attraversare il Mar Mediterraneo.

Uno degli aspetti maggiormente taciuti della guerra e dei conflitti armati riguarda le loro conseguenze in termini di violenza sessuale.

La storia ha dimostrato che le donne sono un bersaglio facile e ampiamente preso di mira in tempo di guerra e il loro corpo a volte diventa un campo di battaglia per dare l’esempio a intere comunità ed evitare ogni resistenza.

Ad oggi le orribili conseguenze non sono ancora state interamente vagliate.

Le vittime si vergognano e hanno difficoltà a denunciare gli abusi dato che vengono additate negativamente.

Inoltre, lo stupro ha gravi conseguenze sulla salute delle vittime non solo a causa di gravidanze indesiderate, ma anche perché diffonde malattie ed infezioni con un ritmo allarmante.

Lo stupro in zone di guerra si verifica in un contesto fragile caratterizzato da strutture scadenti e precario accesso al sistema sanitario.

Il Dottor Mukwege è un ginecologo del Congo che ha dedicato la sua carriera alla cura delle vittime di stupro, in modo particolare nella Repubblica Democratica del Congo.

Tuttavia, il suo impegno nel difendere i diritti e la salute delle donne va ben oltre i confini nazionali: il suo messaggio chiama in causa il mondo intero e nel 2014 il Parlamento Europeo lo ha insignito col Premio Sakharov per la Libertà di Pensiero proprio in virtù della sua lotta per difendere le vittime di violenza sessuale.

La portata senza precedenti del suo lavoro non si limita a curare le ferite fisiche né a ricostruire un corpo violato: il suo lavoro sonda il danno psicologico e sociale che ne deriva.

Le famiglie vengono distrutte, le comunità devastate dalle fondamenta, I villaggi spazzati via e i sopravvissuti sono abbandonati al loro destino.

Le persone sono costrette a lasciare la propria casa e affrontano un destino incerto. Spesso le vittime di stupro –sia donne che uomini- vengono marginalizzate e, se sopravvivono alla prigionia in mano ai ribelli, sono respinte dalle comunità che le accolgono per paura che siano spie o terroristi.

Le vittime di sesso femminile temono anche di essere ripudiate dai mariti e per questo sono ancora più riluttanti a denunciare gli abusi.

Le vittime di stupro smettono di essere considerate esseri umani per diventare semplicemente “gli stuprati e le stuprate”.

Rimanere in silenzio e negare l’accaduto oltre a non guarirle non farà altro che acuire il trauma, dal momento che terranno dentro di sé quell’indicibile verità senza mai trovare un sollievo al proprio dolore

Dati delle NU affermano che 200,000 donne sono state violentate durante il lungo conflitto nel paese.

Ma nessun dato potrà documentare l’effettiva dimensione di questo fenomeno visto che molti casi non vengono denunciati.

Che futuro le aspetta?

Che destino avranno i loro figli?

Troveranno mai un posto da poter chiamare casa e dove si potranno sentire al sicuro, mettendo a tacere terribili ricordi?

Non lo sa nessuno.

Ma quello che sappiamo con certezza è che l’impunità ha un ruolo di rilievo nel far sì che tali crimini vengano commessi. Nella RDC, in Libia, Siria e Birmania chi violenta una donna sa che nessuno si rivolgerà ad un tribunale e non verrà mai punito. Così la violenza non finisce mai.

Per quanto riguarda l’attuale situazione in Libia e altri paesi di transito, una valida soluzione comporta l’apertura di vie legali e sicure per evitare che i trafficanti giochino con la vita delle persone e che il loro business cresca.

Attualmente l’attenzione di MOAS è tutta concentrata su questo aspetto –oltre alle attività SAR in mare- perché riteniamo inaccettabile che chi è vulnerabile, in particolare donne e bambini, debba mettere la propria vita nelle mani dei trafficanti.

In generale, concordo col Dottor Mukwege e la sua proposta di far pressione affinché la comunità internazionale si risolva a definire lo stupro come arma di guerra e causa di gravi violazioni dei diritti umani. Come già fatto con le mine anti-uomo, ad esempio, è arrivato il momento di adottare linee guida chiare per proibire la violenza sessuale come arma di guerra e attuare misure efficienti per sensibilizzare su un tema così poco affrontato.

Il mondo merita un futuro migliore e nessuna prosperità può essere ottenuta se I corpi delle donne vengono considerati bersaglio di guerra fra l’impunità generale.

 

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