L’idea di fondare MOAS è nata nel 2013 mentre ci trovavamo in vacanza nel Mediterraneo ed è stata ispirata dalle parole di Papa Francesco.

Nell’estate 2013 con la mia famiglia stavo festeggiando i successi della nostra azienda, quando la migrazione è diventata una concreta evidenza di fronte ai nostri occhi. Solcavamo le stesse acque dove giornalmente si trovano a morire molte persone alla porta dell’Europa, quando abbiamo avvistato una giacca forse appartenuta a qualcuno che aveva attraversato quel tratto di mare senza arrivare a toccare terra.

In quel momento, quella giacca che galleggiava era un segno tangibile del fenomeno migratorio fatto di numeri, statistiche, cifre senza volto, nome o storia. In quel momento abbiamo capito che l’indifferenza uccide e quindi abbiamo voluto raccogliere l’appello di Papa Francesco a combattere la globalizzazione dell’indifferenza per non rimanere sordi e ciechi alla sofferenza dei nostri fratelli e delle nostre sorelle.

Il catastrofico naufragio dell’Ottobre 2013 di fronte l’isola di Lampedusa, a seguito del quale fu avviata l’operazione Mare Nostrum, fu la spinta finale per passare dalla teoria alla pratica. E così iniziammo le tappe del viaggio che ha portato a mettere in mare la Phoenix: una imbarcazione riadattata completamente al suo nuovo compito di salvare vite umane. Sono seguiti mesi intensi di ricerca dell’imbarcazione più adatta, di restauri alla stessa, di definizione di ogni singolo dettaglio operativo e non.

Nell’Agosto 2014 siamo salpati per la prima volta e dalla prima operazione SAR abbiamo rafforzato la nostra convinzione per cui, mancando adeguate politiche istituzionali, era necessario colmare il vuoto e intervenire per salvare chi rischiava di morire in mare.

A bordo con noi abbiamo ospitato testate internazionali e collaborato con organizzazioni umanitarie attive nel settore medico, fra cui MSF, Croce Rossa Italiana, Emergency e Croce Rossa Internazionale, che erano nostri partner operativi.

Inoltre, a bordo con noi abbiamo anche avuto un rappresentante dell’UNHCR, Fabrizio Ellul, accompagnato dal fotoreporter Giuseppe Carotenuto, che ha raccontato nel Gennaio 2017 la storia di Yasmine e sua figlia Khaija di cui segue la traduzione in italiano. Al momento il MOAS opera in mare solo con la nave Phoenix.

Qui l’articolo originale di UNHCR

© MOAS

Le navi di salvataggio scrutano il mare in cerca di imbarcazioni in pericolo

Gli equipaggi altamente qualificati della Phoenix e dell’altra imbarcazione “sorella” dal 2014 hanno salvato circa 33.000 persone dal Mediterraneo.

Di: Fabrizio Ellul | 31 Gennaio 2017

A BORDO DELLA PHOENIX – Era una mattina tranquilla a bordo della nave di salvataggio Phoenix al largo della Libia. Il sole era sorto e i pesci volanti accompagnavano la nave che pattugliava le acque internazionali del Mediterraneo.

L’altezza delle onde faceva pensare che poche imbarcazioni avrebbero rischiato in quelle condizioni e l’equipaggio riteneva improbabile una operazione di salvataggio

All’improvviso è stato individuato un gommone e l’equipaggio è entrato in azione. Con onde di quella portata è difficile riuscire a vedere imbarcazioni che stanno così in basso nell’acqua come i gommoni.

“Sono stati veramente molto fortunati ad essere rintracciati”, afferma Gonzalez, capitano della nave, all’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, l’UNHCR.

Il gommone trasportava 146 persone che nell’arco di alcuni minuti venivano trasferite a bordo a gruppi di 25. I giubbotti salvagente venivano tolti e si eseguivano i controlli per verificare l’identità e le condizioni di salute. In due ore tutti erano al sicuro sulla Phoenix gestita dal Migrant Offshore Aid Station (MOAS) con base a Malta.

MOAS è la prima organizzazione di ricerca e soccorso finanziata con fondi privati e attiva nel Mediterraneo centrale.

“Questa volta è stato semplice: nessuno si è fatto male, nessuno è morto, nessun bambino ha perso la vita”, dichiara un membro dell’equipaggio MOAS.

Oggi il 26% delle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo vengono gestite dalle ONG, molte dalle due imbarcazioni MOAS: la Phoenix e la Topaz. Dal 2014 MOAS ha tratto in salvo circa 33.000 persone. Il suo equipaggio è composto da persone che hanno decenni di esperienza con le forze armate maltesi, con la marina italiana e imprese private e militari americane.

La seconda fase dell’operazione svolta dalla Phoenix consisteva nella distribuzione di coperte, acqua e biscotti a chi si trovava a bordo. Se qualcuno stava male veniva portato nella piccola clinica e assistito da un dottore e due infermiere del team Croce Rossa.

Fra loro c’era Yasmine che ha 26 anni e viene dal Senegal con la figlia Khaija di 2.

Ho incontrato lo sguardo di Khaija e ho cercando invano di farla sorridere. Si guardava intorno confusa e smarrita come se si trovasse dentro un manicomio.

Yasmine aveva viaggiato con sua figlia dal Senegal alla Libia insieme al marito con la speranza di trovare una vita migliore in Europa. Dalla Libia hanno tentato due volte la pericolosa traversata via mare, ma senza riuscirci.

Una volta sono stati intercettati da altri trafficanti che li hanno derubati dei pochi beni che avevano, riportandoli sulla spiaggia. La seconda volta hanno pagato dei trafficanti che non si sono più fatti vedere.

“Ho paura di attraversare nuovamente il deserto” ha confessato Yasmine. E quindi ha ritentato una terza volta.

Erano stati portati in un’ampia zona recintata insieme a circa altre 1000 persone. Avevano abbastanza denaro -600 dinar libici- per pagare il viaggio di Yasmine e Khaija e quindi suo marito è rimasto in Libia. Stava valutando la possibilità di ritornare in Senegal e tentare una strada diversa.

Durante la notte sono state portate su una spiaggia di Sabratha e all’alba sono salite sul gommone. La maggior parte delle 146 persone a bordo erano uomini con alcune donne e bambini.

Un uomo rimetteva dopo aver inalato il carburante sul gommone, altri soffrivano di mal di mare, avevano freddo o erano esausti.

Alle otto della sera tutto era tornato calmo. Non c’erano gravi emergenze mediche. Khaija si era rasserenata cullata dalla madre.

Il giorno seguente, la Phoenix è rimasta nell’area al posto di osservazione per individuare un secondo gommone. Alcune ore dopo era stato avvistato un gommone vuoto e sgonfio, ma null’altro.

Mentre la Phoenix si dirigeva verso il porto siciliano di Pozzallo, si è venuto a sapere della triste scoperta di 7 cadaveri su un gommone a 100 miglia da Malta. Due uomini del Ghana sono stati evacuati a Malta a causa della disidratazione: uno è morto, l’altro era in terapia intensiva

Nel 2016 oltre 5000 persone sono morte nel Mediterraneo: Khaija e Yasmine hanno avuto fortuna ad essere avvistate da MOAS e portate al sicuro.

We first thought about creating MOAS in 2013 while sailing on vacation along the Mediterranean, when we were inspired by Pope Francis’ words.

That summer I was celebrating with my family our business achievements when migration suddenly became evident in front of our eyes. We were sailing in the very same sea where people were dying every day on Europe’s doorstep when we spotted a coat that probably belonged to a person who had crossed that route but had never been able to disembark in a safe land.

That coat became for us clear evidence of the migratory phenomenon comprised of numbers, statistics and figures with no face, name or story. We suddenly understood that indifference kills, so we decided to listen to Pope Francis’ call for everyone to fight against the globalization of indifference, instead of remaining deaf and blind to our brothers and sisters’ pain.

Mare Nostrum was launched soon after the catastrophic shipwreck that occurred in front of Lampedusa Island in October 2013, which was the last push to translate our idea into practice. We took the first step of the journey to let our Phoenix sail at sea after being refurbished and adjusted to its new mission of saving human lives. We had spent months searching for the most adequate vessel, refurbishing it and planning for operations.

In August 2014, we went out at sea for the first time. That first SAR operation persuaded us that our mission was pivotal to save those in distress at sea and to fill the gap left by a lack of official policies.

We welcomed on board with us international magazines and partnered with humanitarian organisations working in the medical field such as MSF, Italian Red Cross, Emergency and International Red Cross.

Moreover, we also welcomed a UNHCR representative, Fabrizio Ellul, together with a photoreporter, Giuseppe Carotenuto. In January 2017, Fabrizio wrote the story of Yasmine and her daughter Khaija rescued by the Phoenix, which is the only MOAS’ vessel at present, while the text also mentions the Responder.

This story is a powerful example of the impact MOAS’ mission has on human beings jam-packed on unseaworthy vessels out at sea, and demonstrates how the lack of legal ways to get to Europe forces people to risk their own life on a daily basis.

Please click here to read the full story written by Fabrizio Ellul/UNHCR

© MOAS