MEETING SULLA SALUTE MATERNA E DONNE RIFUGIATE – MALTA – 20/21 MARCH 2017
Il 21 Marzo in rappresentanza di MOAS sono stata invitata a condividere la mia esperienza su un tema molto delicato quale salute materna e donne rifugiate.
Il primo giorno i lavori sono stati aperti da Silvana Koch-Mehrin, fondatrice di WIP Global Forum, e da Marie-Louise Coleiro Pereira, Presidente di Malta. Il secondo giorno ci si è concentrati su uno scambio di idee ed opinioni fra gli oratori presenti.
Ho avuto così l’occasione di parlare della mia esperienza con MOAS. Nel 2016 il nostro team e il nostro equipaggio si sono dovuti confrontare con una quantità senza precedenti di ferite e traumi psicologici fra le persone che abbiamo aiutato e ciò a causa degli abusi subìti per mano dei trafficanti.
Dato il nostro ruolo di prima linea nella crisi migratoria abbiamo costantemente a che fare con gli effetti più immediati e terribili del traffico di esseri umani.
Non possiamo ignorare questo dolore.
Donne e bambini costituiscono circa metà dei rifugiati nel mondo e subiscono regolarmente violenze sessuali, sfruttamento, abusi e detenzioni lungo la rotta migratoria del Mediterraneo centrale, ha messo in guardia l’UNICEF in una recente pubblicazione.
Le persone più vulnerabili non dovrebbero essere costrette a mettere la propria vita nelle mani dei trafficanti perché non ci sono alternative.
Durante le scorse stagioni migratorie l’equipaggio MOAS ha tratto in salvo migliaia di minori non accompagnati o donne, che spesso viaggiavano sole coi propri figli
Due di loro sono rimaste impresse nei miei ricordi e le loro terribili storie incarnano perfettamente la tragedia in corso.
Yasmine e sua figlia Khaija, 2 anni, vengono dal Senegal e sono state salvate dal nostro team dopo aver tentato la traversata ben 3 volte. Yasmine, 26 anni, era incinta e suo marito era bloccato in Libia perché non avevano abbastanza denaro per coprire le spese di viaggio per l’intera famiglia.
Murielle, 16 anni, viene dalla Costa d’Avorio ed è stata rapita appena entrata in Libia all’età di 13 anni. Lo zio e la zia con cui viaggiava sono rimasti uccisi in una imboscata e lei è stata rapita da una milizia. È stata tenuta prigioniera e abusata dal comandante prima di riuscire a fuggire e tentare la traversata del Mediterraneo.
Come possiamo accettare che altre donne, ragazze e madri con bambini vengano costrette a subire delle esperienze così devastanti?
Cosa faremmo noi al loro posto?
Prender parte alle operazioni di salvataggio MOAS come membro dell’equipaggio ha eliminato ogni sorta di barriera fra me e le persone che salviamo. Quando guardo a una madre tratta in salvo con suo figlio, rivedo me stessa e mia figlia.
Proprio per questo MOAS propone la creazione di alternative valide ai flussi migratori fuori controllo tramite l’apertura di vie sicure e legali come i corridoi umanitari e un uso più efficace delle politiche di ricollocamento e redistribuzione. In entrambi i casi si tratta di mezzi già esistenti che minerebbero le reti criminali e eviterebbero alle donne e ai bambini esperienze così dolorose e al tempo stesso non necessarie.
Per saperne di più sull’esperienza MOAS in merito a questo argomento, consultate questo link.